NEWS N.30 del 22 Settembre 2015

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Notizie di montagna dal Club 2000m 
(a cura del Grande Appenninista e membro del Consiglio Direttivo Francesco Mancini)



 

COMUNICAZIONE IMPORTANTE AI NOSTRI
ISCRITTI PER LA PRENOTAZIONE SCUDETTI


Vi ricordo che stiamo iniziando a lavorare per la Riunione Annuale 2015 di tutti gli Iscritti al Club 2000m che vedrà, fra l’altro, anche la consegna degli Scudetti per le Cime raggiunte.

Vi informo che tutti coloro che vorranno avere questo piccolo ricordo dovranno scrivere quanto prima possibile alla seguente casella di posta elettronica  specificando anche il numero di Scudetti (1 scudetto 10 Euro – 2 scudetti 15 Euro – 3 Scudetti 20 Euro).

Scrivere quindi alla seguente casella : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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COPERTINA DELLA SETTIMANA DEDICATA A 2 GRANDI SPORTIVI APPENNINISTI :
 ROSSELLA MONTEMURRO E RAIMONDO ROCCO



In foto : Rossella MONTEMURRO e Raimondo ROCCO nel Parco del Gran Sasso
               sulla Cima del San Franco a quota 2132 metri di altezza con le MTB.


Solitamente dedico la copertina della settimana ai nostri iscritti che realizzano obiettivi importanti legati al Club 2000m.

Questa settimana vorrei diversificare in quanto ne abbiamo molti che realizzano alcune Cime, quelle fattibili in bici , anche con la MTB.

Sono persone esperte e particolarmente sportive che vivono la montagna anche in questo modo.

Iscritti che vivono la bici come un modo di essere anzi un modo di vivere la vita e la montagna diversamente con un'altra sfumatura.

Con la bici realizzano percorsi in montagna faticosi ma anche percorsi di viaggio importanti dove non può mancare l’elemento montagna.

Per questo motivo vorrei parlare di Rossella MONTEMURRO e Raimondo ROCCO.

Rossella MONTEMURRO (in foto qui sotto)



è un Architetto Paesaggista (non poteva essere diversamente) originaria di Matera che già conoscete, in quanto ha progettato e realizzato con tanto entusiasmo ed amore per il Club 2000m, il nuovo LOGO.

Nella vita (e quindi non solo in bici ed in montagna) è sposata da tempo con Raimondo ROCCO,anche lui Architetto originario di Napoli, che vedete nella foto qui sotto in un momento di riposo durante il loro ultimo viaggio.



Di certo la loro vita è piena di successi sportivi personali.

Non vi elenco le loro avventure nello specifico in quanto sono tante nell’ultimo periodo (in passato anche il Cammino di Santiago).

Hanno conosciuto il Club 2000m da poco tempo ma in poco tempo già hanno raggiunto le 90 Cime entrambi.

Questa estate hanno realizzato un viaggio in bici fantastico, realizzando un anello che partendo dall’Italia li ha visti percorrere la Croazia poi la Slovenia per ritornare in Italia dal Nord.

1021 Km con 20.559 metri di dislivello complessivo salita, immersi nella natura, e raggiungendo anche i passi di montagna più difficili.

Ecco, questo è uno spaccato dei nostri iscritti, trekker, biker, sportivi, esploratori, che fanno delle avventure il proprio stile di vita.



In questa foto i sorrisi di Rossella e Raimondo, a quota 1611 metri, esprimono tutta la loro felicità per il passo di montagna raggiunto nonostante le condizioni meteo avverse.

Grazie a Rossella e Raimondo per aver aderito al progetto del Club 2000m.

 

serata della giovane montagna a roma

Informiamo della bella serata organizzata dalla Associazione Giovane Montagna a Roma presso la Parrocchia di San Pancrazio (Zona Monteverde).

Tutte le informazioni dalla Locandina allegata.





 
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​IN USCITA IL FILM “ EVEREST :



 

Everest di Baltasar Kormákur film di apertura della 72 Mostra del Cinema di Venezia.
il film è stato girato in Nepal e sulle Alpi italiane
Everest, un film Universal Pictures diretto da Baltasar Kormákur, è il film d’apertura, fuori Concorso, della 72. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2-12 settembre 2015), diretta daAlberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.
 
Everest sarà proiettato in prima mondiale il 2 settembre nella Sala Grande (Palazzo del Cinema) al Lidodi Venezia. Ispirato a fatti legati al tentativo di raggiungere la vetta della più alta montagna del mondo,Everest documenta il viaggio di due spedizioni che si imbattono in una violentissima tempesta di neve. Il coraggio degli scalatori viene messo a dura prova dalla forza della natura, che trasformerà la loro ossessione in una lotta per la sopravvivenza.
 
Everest è una produzione Working Title Films. È interpretato da Jason Clarke, Josh Brolin, John Hawkes, Robin Wright, Michael Kelly, Sam Worthington, Keira Knightley, Emily Watson e Jake Gyllenhaal. È prodotto da Tim Bevan, Eric Fellner, Baltasar Kormákur, Nicky Kentish Barnes, Brian Oliver e Tyler Thompson. Everest è presentato da Universal Pictures e Walden Media, in collaborazione con Cross Creek Pictures, ed è adattato per lo schermo da William Nicholson (Il gladiatore) e dal premio Oscar® Simon Beaufoy (The Millionaire).
 
Il film è stato girato in Nepal, alle pendici dell'Everest, sulle Alpi italiane (Val Senales, Trentino-Alto Adige), negli studi di Cinecittà a Roma e neiPinewood Studios nel Regno Unito. Universal distribuirà Everest in tutto il mondo; il film sarà distribuito negli Stati Uniti a partire dal 18 settembre, inizialmente solo sugli schermi IMAX 3D e premium-large format 3D, mentre dal 25 settembre sarà diffuso in tutte le sale, anche in 2D. L’uscita italiana è prevista per il 24 settembre.
 
 
Quando già le urla di conquista volavano a migliaia di chilometri nei telefoni satellitari, le bandiere sventolavano e gli 8.848 metri dell’Everest erano sotto i ramponi del gruppo di alpinisti festanti, il vento soffiò una nube nera. Portò bufera, gelo e morte risalendo come ombra rapida i canali della montagna. Era l’11 luglio 1996. Morirono in 8, tra cui le guide Rob Hall, neozelandese, e l’americano Scott Fischer. La nube è l’annuncio di sciagura certa nel film Everest, dell’islandese Baltasar Kormàkur, che il 2 settembre offrirà un varo da colossal alla Mostra del Cinema di Venezia. Quanto accadde allora fu descritto da un giornalista-alpinista sopravvissuto, l’americano Jon Krakauer, in Aria sottile. Ma Kormàkur ha girato lasciandosi emozionare dal racconto di un altro sopravvissuto, il patologo di Dallas Beck Weathers. A distanza di anni dopo la sciagura il medico scrisse il libro della sua «rinascita». E ora l’editore Corbaccio ne ripropone una versione aggiornata dal titolo A un soffio dalla fine.  
 
Weathers in quella nube di neve e gelo perse la mano destra, quasi tutte le dita della sinistra, una parte del naso e dello zigomo sinistro. Ma oggi ripete ciò che ha colpito Kormàkur: «L’incidente sull’Everest ha salvato il mio matrimonio, i rapporti con i miei figli, mi ha fatto incontrare gente e vivere esperienze che altrimenti non avrei mai potuto sperimentare. Ogni giorno dico la vita è bella». Ha scritto il libro con Stephen Michaud e molte pagine sono il ricordo della moglie, Peach, che volle a ogni costo l’operazione di soccorso, quando le speranze erano utopia. 
 
Dottor Weathers lei attese la morte quell’11 maggio del 1996.  
«Ero sicuro al cento per cento che sarei morto. Quando sono riuscito a svegliarmi nel pomeriggio dell’11 avevo ancora a disposizione soltanto un’ora di luce. Non sapevo dov’ero ed ero quasi cieco. Solo luce indistinta. Non sapevo dove fosse il campo, l’unica certezza era che dopo un’ora sarei rimasto al buio, il sole era al tramonto. “Mamma mia sono morto”, mi dissi. Le mie ginocchia erano nella neve e il freddo mi entrava dentro come lame di coltello. Nessuno è mai sopravvissuto due notti agli 8.000 metri e non sarei stato il primo». 
 
Invece lei lo racconta.  
«Già. Fu un miracolo. Pensavo alla morte, vidi davanti a me mia moglie Peach e i miei figli, fui invaso da una profonda tristezza al pensiero che era soltanto un miraggio e non li avrei mai più rivisti. Eppure non avevo paura. Ecco perché quando sono tornato a Dallas ho sentito che ero cambiato, che dovevo cambiare, non avevo alternativa. Non ero più come prima, una seconda vita, ecco. È quello che la montagna mi ha insegnato e forse anche l’attesa della morte. E negli ultimi anni ho capito che sono uno “slow learner”, uno che impara molto lentamente». 
 
È per questo che ha aspettato tanto prima di scrivere la sua storia?  
«Già. Vede, ho aspettato perché non volevo scrivere un libro tanto per scrivere, volevo una ragione forte. Jon Krakauer ha scritto tutto di quella sciagura, anche delle persone, e io non potevo fare un’altra versione o descrivere la mia lotta di sopravvivenza pensando a quanto avrei potuto vendere. Tanti lo fanno. E alla fine ho deciso che la mia ragione per scrivere era di condividere ciò che ti spinge ad andare in un luogo come l’Everest e che cosa ti succede se torni ferito, menomato e non sai più come sarai accolto in famiglia e se potrai tornare a lavorare. Queste cose non si raccontano mai e io allora ho deciso di farlo». 
 
Lei parla di alpinismo come espressione di egoismo. Per questo andò all’Everest?  
«Per farlo lasci la famiglia e corri il rischio di morire o essere ferito in modo molto grave. Senta, correre rischi del genere quando hai responsabilità nei confronti delle persone che ami, può negare che sia altro dell’egoismo allo stato puro? Io ho cominciato ad arrampicare per sfuggire a una profonda depressione. Ho scoperto che portando il mio corpo allo sfinimento non potevo pensare ad altro. In montagna tutti i miei pensieri svanivano e sentivo una pace mai sperimentata nella vita quotidiana. Anni prima di andare sull’Everest quella depressione mi abbandonò e scelsi di coniugare la fatica con un viaggio in posti bellissimi, a contatto con culture diverse». 
 
Va ancora in montagna?  
«Certo, l’adoro. C’è qualcosa nelle montagne che solleva lo spirito, ma non faccio più alpinismo. Non sarebbe una buona idea, la pelle dei miei piedi è sottile come la carta d’un fazzoletto e ho subito troppi danni alla mia circolazione sanguigna. D’estate, nonostante le temperature del Texas, le mie mani rimangono fredde». 
 
Lei fa anche il conferenziere?  
«Mia moglie dice che parlo talmente tanto che potrei riempire le orecchie di una lepre o che sfinirei perfino un cane di pezza. Ma non avevo mai avuto una storia da raccontare agli altri. Ora offro a chi mi ascolta un’avventura incredibile, ma pian piano loro si accorgono che partecipano a una storia d’amore, di coppia ritrovata, di vita rinata. La montagna mi ha insegnato a trovare una ragione in ogni giorno che vivi

 



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