NEWS N.27 del 1 Settembre 2015

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Notizie di montagna dal Club 2000m
a cura del Grande Appenninista e membro del Consiglio Direttivo Francesco Mancini

 

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COPERTINA DELLA SETTIMANA per un incontro speciale

Domenica 23 Agosto 2015
 
Una Domenica memorabile si è svolta sui Monti dell’Alta Valle dell’Aterno in Provincia dell'Aquila.
Sotto il vessillo del Club 2000M - riuniti soltanto dallo spirito di amicizia - grazie alla perfetta ospitalità di Francesco LAURENZI (in foto qui sotto) si è creata una giornata conviviale con tutti coloro con cui il nostro Francesco ha vissuto in montagna molti momenti di vita.
Si sono incontrati, anche con le rispettive famiglie, fra i piu grandi Appenninisti del Centro Italia.
Questo testimonia che il CLUB 2000M è riuscito ad unire tanti lupi solitari che invece hanno un vero cuore dentro.


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IN FOTO: In piedi da Sinistra verso Destra

Francesco CASTIGLIA Alpinista di Rieti.
Luciano GRASSI (172 Cime)
Danilo GIAGNOLI Alpinista di Rieti ma caro Amico di molti presenti.
Nicola POLCINO (101 Cime)
Vincenzo D’ITRI (35 Cime da poco iscritto)
Francesco LAURENZI (206 Cime)
Augusto CATALANI (240 Cime)
Alessandro CIANFORLINI (128 Cime)
Davide SCHINZARI (150 Cime)
Thomas DI FIORE (32 Cime da poco iscritto- Meteoman del Gruppo insieme a Luciano Grassi)
Francesco DI TOMMASO (128 Cime)
Marco DI TOMMASO (221 Cime)
Francesco MANCINI (224 Cime) 

IN FOTO: accosciati

Claudio LUCARINI (70 Cime)
Maurizio MAGI (120 Cime)



COMUNICAZIONE IMPORTANTE AI NOSTRI ISCRITTI

Un saluto a tutti i nostri iscritti e bentornati a leggere le mie modeste News.
Vi ricordo che sto iniziando a lavorare per la Riunione Annuale 2015 di tutti gli Iscritti al Club 2000m che vedrà, fra l’altro, anche la consegna degli Scudetti per le Cime raggiunte.
Vi informo che tutti coloro che vorranno avere questo piccolo ricordo dovranno scrivere alla seguente casella di posta elettronica specificando anche il numero di Scudetti (1 scudetto 10 Euro – 2 scudetti 15 Euro – 3 Scudetti 20 Euro).

Scrivere quindi alla seguente casella : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.



 

LA TRISTE STORIA Del BIVACCO pelino A QUASI 2800 METRI DI ALTEZZA

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In questi giorni grazie al nostro Claudio LUCARINI, che con una sua foto denunciava lo stato di abbandono di questo bellissimo ed utilissimo Rifugio, si sono susseguiti moltissimi commenti sui Social. Fra i tanti merita sicuramente una attenzione particolare quello scritto da FRINGETREK. Io conosco bene colui che ha espresso il suo parere in merito a tale situazione e conoscendo la sua riservatezza non pubblico il Suo nome. Posso anche non essere d'accordo su alcuni punti da lui espressi, di certo il suo scritto arricchisce la nostra cultura di montagna motivo per cui invito tutti a leggerlo con attenzione.

 
Il Bivacco Pelino, la spazzatura e la cultura dell'ambiente montano
In questi giorni compare spesso sui social network un'immagine dell'interno del Bivacco Pelino sul Monte Amaro, una foto che ritrae una gran quantità di spazzatura lì abbandonata dai vari visitatori nel periodo estivo. La foto ha suscitato vari commenti indignati ed è stata ripresa (con annessi articoli indignati) da alcuni siti web dedicati alle attività di Montagna. 
A parte l'indiscutibile e giustificatissima reazione indignata, da parte di più o meno assidui frequentatori della Montagna in genere, il tono del dibattito e dei commenti intorno all'immagine in questione si è arenato sui soliti luoghi comuni (inciviltà, maleducazione, etc) purtroppo in modo piuttosto superficiale, e la questione sarà, dopo l'indignazione del momento, presto rimessa nel dimenticatoio, almeno fino alla prossima occasione. 
L'indignazione di stampo emotivo, del resto, questo comporta, sempre: dura il tempo di un attimo, poi viene digerita ed espulsa dal corpo e dalla mente, al pari di altre scorie, ed a volte certe scorie restano visibili, e tornano per inquinare spazi che vorremmo vedere incontaminati. 
Mi sarebbe piaciuto leggere reazioni diverse, oltre la generica indignazione e condanna (legittime, per carità), magari un tentativo di analisi sul perché e da dove vengano certi comportamenti, che sembrano stonare tanto in ambiente montano, quando poi non sono così inusuali, almeno a giudicare da quello che vedo e trovo in giro sui sentieri quando vado a camminare, segno di costumi abituali e non estranei ai frequentatori delle Terre Alte. 
A me quell'immagine ha riportato alla memoria le varie volte che sono stato su Monte Amaro, e le condizioni di degrado in cui ho trovato il Bivacco Pelino, quasi sempre. Ricordo di aver pernottato anche, in qualche occasione, e spazzatura ce n'era, eccome. Un amico, scherzando, mi chiese se avessi fatto un vaccino, prima di dormire lì. Un giorno, durante la discesa, incontrai un paio di Forestali, che mi chiesero in che condizioni fosse il Bivacco; mi dissero che spesso si occupavano loro di rimuovere l'immondizia. Magari la spazzatura della foto aspetta loro. 
Le foto che accompagnano questo post mostrano il Pelino così come l'ho trovato in occasione delle frequenti salite al Monte Amaro effettuate da ogni versante ed in ogni stagione dal 2006 in poi. Tranne per il breve periodo successivo alla ristrutturazione estiva del 2010, ad opera di volontari del C.A.I. di Sulmona, cui casualmente ho potuto assistere, il Bivacco ha sempre versato in condizioni pessime, dovute unicamente all'incuria e alla negligenza dei visitatori: rifiuti vari abbandonati, tracce di urina, portellone lasciato aperto (magari per 'areare il locale') ed inevitabilmente divelto dal vento successivamente, neve in abbondanza all'interno, impiantito e tavolati marciti, oblò infranti, quantità di scritte sulle pareti, ricomparse già solo ad un paio di giorni dalla ristrutturazione. 
Eppure, penso, costa fatica arrivarci. Eppure, penso, in Abruzzo si va orgogliosi delle proprie montagne e del proprio patrimonio naturale. 
Eppure, penso, chi va in montagna condivide amore e rispetto per l'ambiente, e non può rendersi responsabile di questi atti. 
O mi sbaglio, e questi sono luoghi comuni superficiali e superati, ed anche la Montagna è diventata terreno di esibizioni, di conquiste effimere (vette come numero da collezione, argomento di foto/racconto sui social con vanto di ascese effettuate con tempi sempre più veloci, più km - più dislivello - fanno più figo, ambienti incontaminati ormai solo sfondo per selfie) e la cultura che anima questo mondo è portatrice anche delle scorie conseguenti. E neanche solo in tempi recenti. Bici, moto, quad, safari in jeep, eliski, reality, guardatevi anche le proposte dei Professionisti Della Montagna (Guide, AMM, etc). Altro che silenzi e Wilderness, portiamo i droni a girare pubblicità tra gli Eremi di Celestino, tanto sempre di merce e denaro si tratta. 
Quindi, Consumatori della Montagna, anche indignati in qualche occasione, tanto non costa nulla, il tempo di un 'mi piace' su un post. Il Consumatore (della Montagna, di paesaggi, di fotografia, di arrosticini) lo potrete incontrare dalle pianure del Piccolo Tibet alle Fioriture di Castelluccio, in coda sulle vie normali dell'Appennino e sulle Ferrate delle Dolomiti, sempre in comitiva numerosa, perché si va solo dove vanno tutti (altrimenti non c'è gusto nel raccontare di luoghi sconosciuti ai più), in montagna come al mare, sul Gran Sasso come a Sharm. Se non mi credete, guardate i post in giro su Facebook, sono pieni di esempi eloquenti. Per quanto mi riguarda, ho smesso di frequentare l'Amaro, come il Gran Sasso o il Velino nei periodi dell'affollamento estivo, non è l'ambiente che prediligo. È il momento in cui imperversano i Consumatori. Troppa gente, troppo rumore, troppo inquinamento, e non solo visivo. 
Il Consumatore, poi, ha scarsa memoria, quindi lo potrete ritrovare contemporaneamente tra i firmatari di appelli in difesa dell'Orso, contro lo scioglimento del Corpo Forestale e per il ridimensionamento delle aree protette dei Parchi* (vedi Referendum per il nuovo Parco Gran Sasso-Laga). Dimenticavo, il Consumatore ama lo sci ed anche gli impianti funiviari, e le comodità ad alta quota, quindi polenta dopo le ciaspolate, ma magari anche eliski per chi può, per la gioia di maestri di sci, guide e gestori con pochi scrupoli, un occhio al guadagno e l'altro (chiuso) sugli scempi ambientali. (E c'è sempre la speranza di un indotto, anche se stagionale, quindi poche voci critiche, poi è una grande famiglia, in fondo, ce n'è per tutti). 
Fuori tema? Neanche tanto, se avete la bontà di seguire fino alla fine (lo so, chiedo un po' troppo, in fondo Facebook non è luogo per discorsi impegnativi). A proposito di scarsa memoria, il Parco Nazionale della Majella è stato istituito nel 1991, riunendo ben 11 riserve costituite dal 1971 in poi. Molti ignorano, o fingono di ignorare, che l'istituzione del Parco ha scongiurato fino ad oggi una miriade di progetti volti a trasformare il massiccio della Majella in un immenso campo da sci (associato ad infrastrutture di tipo residenziale-turistico, strade di collegamento etc. Sempre nel nome dello Sviluppo Economico). 
Dagli anni '70 vari comitati d'affari hanno partorito tra l'altro i seguenti progetti: 
- Strada Palena-Guado di Coccia. 
- Strada 'Convento' di Lama dei Peligni-Fonte Tarì. 
- Cabinovia in due segmenti nella Valle Taranta fino alla quota di 2600m. (Probabilmente con l'intenzione di collegare gli impianti di Tavola Rotonda e Guado di Coccia). 
- Cabinovia con cementificazione completa del Vallone di Fara San Martino fino al Rifugio Manzini, con 7 impianti di risalita e strutture alberghiere all'arrivo. 
- Piano di studio SOMEA per conto della Cassa del Mezzogiorno, che prevede 1000 ettari di area sciabile ed una capacità ricettiva di 23.400 posti letto, con prosecuzione della strada dalla Majelletta lungo la cresta del Blockhaus per Monte Acquaviva (qui costruzione di un grande albergo con impianti attigui) fino alla vetta di Monte Amaro, per scendere poi per Femmina Morta a Campo di Giove. 
Immaginate l'inutile scempio, e tenete a mente l'immagine dello sfregio sulla Sibilla, tanto per intenderci. Se conoscete i luoghi di cui si parla, sarete consapevoli dell'improponibiltà di siffatte infrastrutture a quelle quote e della devastazione conseguente di tutta la dorsale del massiccio. 
Sembra fantascienza, ma si tratta di storie vere. Ancora oggi, esistono nuovi progetti per l'ampliamento e lo sviluppo degli impianti del Comprensorio della Majelletta, già deturpato dalla ingombrante presenza di antenne e ripetitori. Gli impianti di risalita, qui come altrove, sono il Cavallo di Troia per entrare in zone naturali protette, con la solita obsoleta formula montagna=neve=sci=sviluppo economico, vedere caso Fontari sul Gran Sasso. E al diavolo gli ambientalisti, questi guastafeste. 
Certo, una strada fino alla vetta di Monte Amaro permetterebbe un più rapido smaltimento rifiuti, per la gioia e la tranquillità dei Consumatori...
Ah, una teleferica che portava in vetta a Monte Amaro l'avevano costruita i tedeschi, durante l'occupazione nel 1945.




UN PREMIO IMPORTANTE AD UN NOSTRO GRANDE APPENNINISTA

STEFANO ARDITO
Alpi di guerra, Alpi di pace
Luoghi, volti e storie della Grande Guerra sulle Alpi




Un secolo fa la Grande Guerra ha insanguinato l’Europa. Nelle terribili battaglie combattute sui fronti della Somme, della Galizia, dell’Isonzo e del Carso hanno perso la vita milioni di ufficiali e soldati. Altri milioni di uomini sono stati mutilati o feriti. Sul fronte alpino, dal Passo dello Stelvio alle Alpi Giulie, sono state combattute battaglie ad alta quota, tra pareti di roccia e ghiacciai, che hanno emozionato generazioni di Europei. Sulle Dolomiti, sull’Adamello, sul Pasubio, sullo Jôf di Montasio e su decine di altri massicci, i militari italiani e austro-ungarici hanno costruito sentieri di arroccamento e vie attrezzate, caserme e fortezze, teleferiche e caverne artificiali. Cannoni e mitragliatrici sono stati issati fin sulle vette più alte. Oggi, mentre le trincee del Fronte occidentale e del Carso sono state riassorbite in un paesaggio di pace, le Alpi centrali e orientali sono diventate un grande museo all’aria aperta, percorso ogni anno da decine di migliaia di turisti, escursionisti e alpinisti. Ma esplorare trincee, bunker, musei e gallerie non basta. Per capire la tempesta che ha sconvolto tra il 1915 e il 1918 le Alpi occorre conoscere gli eventi, i loro protagonisti e le loro passioni, il mondo che li circondava. In questo libro Stefano Ardito racconta con intensità e partecipazione diciassette episodi del conflitto, e permette agli appassionati di montagna e di storia di emozionarsi e di capire. Perché comprendere il passato serve a costruire un’Europa di pace.
 
 
 I Giurati hanno premiato  il romanzo di Stefano Ardito, “Alpi di guerra, Alpi di pace” (Corbaccio). “Una guida essenziale - si legge nella motivazione -  per ricordare la storia delle Dolomiti e del fronte occidentale, teatro di guerra diventato ormai un museo a cielo aperto, che ritrova con lui la dimensione epica”.
 Venerdì 28 agosto, alle ore 12:00, alle pendici delle magiche Cinque Torri di Cortina, sul territorio delle Regole d’Ampezzo, due esemplari di pino cembro verranno piantati in onore dei libri vincitori del Premio Cortina d’Ampezzo, con una targa che ricorderà titolo e autore dell’opera. Il pino cembro, albero secolare, è un simbolo della Natura cortinese e al tempo stesso della persistenza della memoria. L’iniziativa L’Albero delle Parole è realizzata in collaborazione con il Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo. 




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Addio a Bellinzani, “l’uomo con le ali”

Fatale una caduta sulle Alpi Lepontine in Svizzera. Aveva 59 anni. Nel 1977 perse l’arto in un incidente.

Non ho fatto in tempo !!!
Nessuno è a conoscenza del fatto (neanche il Consiglio Direttivo del Club 2000m) che da tempo mi ero mosso per avere un ospite molto importante alla prossima Riunione Annuale del Club 2000m. Era proprio Oliviero BELLINZANI.
Nel mese di Marzo del 2015 avevamo avuto una bellissima corrispondenza epistolare dove mi ero permesso di invitarlo e BELLINZANI si era mostrato subito disponibile.
Sarebbe stata una occasione irripetibile per incontrare una persona eccezionale... 

 

Lo chiamavano «l’uomo con le ali» perché dal 1977 scalava le montagne senza una gamba. Ieri anche le ali si sono spezzate, e Oliviero Bellinzani è morto a causa di una caduta poco sotto la cima del Grauhorn, vetta delle Alpi Lepontine in Svizzera. 
La conferma, il giorno dopo l’incidente, è arrivata dal Cai di Luino, dove Bellinzani viveva, precisando che l’alpinista sarebbe stato travolto da una frana di sassi e trascinato a valle. Illeso il suo compagno di scalata. 
 
Molto conosciuto nell’ambiente dell’arrampicata e dell’avventura, soprattutto per i suoi video pubblicati su Youtube, Bellinzani aveva 59 anni. Negli anni aveva scalato oltre mille cime. Una passione cominciata dopo un terribile incidente stradale nel 1977 quando, poco più che ventenne, gli venne amputata una gamba. 
L’annuncio della morte di Bellinzani è stato dato sul suo profilo Fb anche dalla figlia Xania. «Oliviero, mio padre, ieri ci ha lasciati. Il vento lo ha preso con sé - ha scritto - Il dolore è immenso come il vuoto che lascia alla sua famiglia e a tutta la comunità montanara. Ci rimangono i suoi sogni e tutta la forza di volontà che solo lui sapeva trasmettere a tutti noi». 
 
  Come ricorda il Cai di Luino, Bellizani «ha raggiunto traguardi alpinistici di difficile realizzazione anche per alpinisti con entrambe le gambe, come il Grand Capucin per la Via degli Svizzeri, il Dente del Gigante, il Cervino sia per la Cresta del Leone e che dalla Cresta Hornli, il Monte Bianco in solitaria, il Pizzo Badile per lo spigolo nord, la Punta Dufour nel Monte Rosa, la Piccolissima nelle Tre Cime di Lavaredo per la Via Cassin, solo per citarne alcune». 
 
«Trovo che in molti amputati ci sia troppa autocommiserazione e incapacità di soffrire come se la sofferenza facesse paura - aveva scritto Oliviero in uno dei suoi siti - Ho capito che il limite in realtà spesso non c’è, ma è solo nella testa. Voglio che la gente sappia che per fare certe cose non è necessario essere “integri”». E in uno degli ultimi post su Fb, pubblicato il 14 agosto scorso, lo stesso Bellinzani aveva scritto una frase che sarebbe perfetta per riassumere la sua vita e la sua passione: «La montagna è un fuoco dentro che non smette mai di ardere».
 

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