NEWS N.20 del 16 Giugno 2015

Notizie di montagna dal Club 2000m (a cura del Grande Appenninista e membro del Consiglio Direttivo Francesco Mancini)




NEWS N.20 del 16 Giugno 2015


ENTUSIASMO PER IL CLUB 2000M


Giovanni MORELLI su Monte Genzana (Alt.2089m) PNALM

Questa settimana voglio parlare del grande entusiasmo che il Club 2000m riesce a muovere fra i tanti iscritti. Stimoli, motivazioni interiori,entusiasmo per un progetto che fa scoprire un lato che non conoscevi di te stesso. Tutto questo viene rappresentato fra i tanti dal Nostro Giovanni MORELLI di Casalvieri. Conosciuto al Raduno del 24 Maggio 2015 su Monte Godi questo, non più giovanissimo montanaro di età, ma giovanissimo di spirito, mi racconta della sua nuova passione per la montagna e per il Club 2000m, scoperta nel suo ultimo anno di vita. Grande sportivo perchè Professore ISEF ci ringrazia perchè grazie al Club 2000m ha scoperto un nuovo mondo. Ogni settimana con la forza di un ragazzino pianifica e sogna le prossime Cime. Che puntualmente posta sul suo profilo FB con il sorriso e la gioia di un nuovo traguardo raggiunto. Grazie a Te Giovanni per l'esempio che dai a tutti noi. Un abbraccio.




FESTA CAI ROMA Via Galvani, 10

FESTA PER IL 142° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE




Venerdì 19 giugno Serata danzante dalle 20.00 alle 24.00 

Sabato 20 giugno - CAI Roma via Galvani n.10

ore 9.00-11.00 Visita guidata al quartiere di Testaccio - costo € 3.00 (noleggio auricolari) - organizzatore AE Luca Teodori.
Prenotazioni:
- per email Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro venerdì 19 giugno ore 13.00;
- telefonicamente giovedì 18 giugno dalle ore 18.00 alle ore 20.00.
Appuntamento ore 9.00 CAI Roma via Galvani n. 10.

ore 16.00-20.00 OPEN DAY CAI ROMA: la sede sarà aperta tutto il pomeriggio per dare informazioni a coloro che vogliano avvicinarsi alla montagna e al Club Alpino Italiano.

ore 16.30-18.00 Intrattenimento e giochi a cura del gruppo di Alpinismo Giovanile CAI Roma per i Soci under 18.

ore 16.15-16.45 Presentazione del libro "Terminillo - Monti Reatini: la guida".
“Guida completa alle attività outdoor nei Monti Reatini” ed. IL LUPO.
Autore Andrea Bollati; collaboratori: Enrico Ferri, Maurizio Sola, Pino Calandrella, Carlo Coronati, Massimo Sala, Cristiano Iurisci, Giuseppe Albrizio, Alberto Osti Guerrazzi.

ore 16.45-17.15 Soccorso Alpino CAI Lazio. 
Il presidente del Servizio Regionale Lazio (SASL) del Corpo Nazionale Soccorso Alpino Corrado Pesci illustrerà il lavoro che svolge questa importante struttura operativa del CAI.

ore 17.15-17.45 Roma Natura - Ente Regionale per la Gestione del Sistema delle Aree Naturali Protette nel Comune di Roma.
Sarà presente in sede con un suo rappresentante per illustrare le varie attività svolte anche in collaborazione con il CAI di Roma.

ore 17.45-19.00 Incontro del Presidente Daniele Funicelli con i Soci e consegna dei distintivi ai soci 12ennali, 25ennali e 50ennali.
Brindisi e aperitivo offerto dalla Sezione.

ore 19.15 Esibizione del coro della Sezione.

Domenica 21 Giugno  - Escursioni varie


PRESENTAZIONE LIBRO CAI DI RIETI

UNA NUOVA GUIDA DEL TERMINILLO E DEI MONTI REATINI




La presentazione della nuova guida si terrà nella sede del CAI di Rieti, via Picerli 59, venerdì 19 alle ore 18.30. 

Esce in questi giorni la nuova guida del Terminillo e dei Monti Reatini edita dalle Edizioni il Lupo; l’opera si presenta come una novità nel panorama editoriale di montagna dell’Appennino: scritta da Andrea Bollati (che per il Lupo ha già curato la guida dei Monti Lucretili), ha visto la collaborazione di alcuni tra i più noti esperti della montagna reatina, tra i quali Enrico Ferri, Maurizio Sola, Pino Calandrella, Cristiano Iurisci, Giuseppe Albrizio, Mauro Sabatini, Michele Angileri, Giancarlo De Sisti, Carlo Coronati.
L’aspetto innovativo della guida è nella varietà di specialità outdoor descritte: oltre ad una vasta e completa parte introduttiva storico-naturalistica, sono presenti infatti itinerari di escursionismo, scialpinismo, sci-escursionismo e ciaspole, alpinismo invernale, vie di roccia, falesie di arrampicata, torrentismo, mountain bike; a completare il tutto, anche un breve paragrafo sulle possibilità di parapendio nel gruppo.
Gli itinerari, oltre all’area del M. Terminillo, s’inoltrano anche nelle zone meno visitate dei Monti Reatini, altrettanto interessanti e sorprendenti, per ambienti, panorami.
Andrea Bollati e il Lupo hanno quindi realizzato una guida completa alle attività outdoor, con l’obiettivo di venire incontro ad un pubblico di “montanari” sempre più preparato e diversificato, e che quindi richiede una scelta di possibilità di fruizione sostenibile della montagna reatina, varia e completa in tutte le stagioni.
La guida è un volume di 288 pagine interamente a colori, con mappe per ogni itinerario e fotografie sia descrittive che di grande impatto visivo. Il prezzo è di 20 €.


APPROFONDIMENTI

MONTE SIBILLA: STORIA DI UNO SFREGIO



SCRITTO DA NICO. PUBBLICATO IN LUOGHI SIBILLINI

 “Perché accanirsi ancora su questa montagna? Perché continuare a martoriarla così? Non è stato fatto già troppo? A quanto pare non c’è mai limite al peggio”. Ogni volta che vado lassù mi frullano in testa questi pensieri, queste domande.

Il Monte Sibilla (2173 m s.l.m.m.) è la montagna simbolo dell’intera catena dei Monti Sibillini del Parco Nazionale istituito nel 1993 e sicuramente la più importante cima del centro Italia. Importante non per la sua altitudine o le sue pareti di arrampicata ma per quello che ha rappresentato, e forse ancora rappresenta, nell’immaginario umano: il monte dove regna la Sibilla Appenninica. Qui ognuno può chiedere ciò che desidera e gli sarà dato, previa la concessione della propria anima; qui cavalieri e negromanti si sono recati alla ricerca di tesori o semplicemente di se stessi; qui, narra la leggenda, si recò il Guerrino detto il Meschino nel XV secolo alla ricerca dei suoi genitori; qui, nel 1420, Antoine de La Sale volle vedere con i suoi occhi se le leggende locali fossero vere; qui probabili riti, forse dedicati alla dea Cibele, si svolsero fin da quando queste terre iniziarono ad essere abitate.

Per conoscere a pieno questo luogo traboccante di storia e misticismo vi rimando a dei testi specifici, tra cui: “Il Paradiso della Regina Sibilla” di Antoine de La Sale, “Il Guerrin Meschino” di Andrea da Barberino (edizione non censurata dalla chiesa cattolica) e il recente lavoro di Maria Luciana Buseghin “L’Ultima Sibilla”. Infatti io non vi parlerò di queste leggende, stavolta.

Quello che vi racconterò, invece, è di come questa montagna è stata e continua ad essere trattata.

Alla grotta della Sibilla, come introducevo pocanzi, si sono recate gente da ogni parte d’Europa spinti dalla bramosia o dalla semplice curiosità. Questa inarrivabile sete di sapere ha compromesso, soprattutto nell’ultimo secolo, l’originaria conformazione della grotta. Anzi ne ha fatto crollare l’atrio, la parte più importante, dove “tutto attorno dei sedili sono intagliati nella roccia” e dove si potevano leggere le iscrizioni di chiunque si fosse avventurato da queste parti e avesse lasciato una traccia di se ai posteri; chissà, magari anche quella di De La Sale, visto che lui ci assicura di aver inciso le sue iniziali. Solo un’iscrizione si legge attualmente tra i detriti: “V.R. 1378”.

Quello che è stato fatto ormai è storia. La desolazione la potete vedere con i vostri occhi andando lassù. Oggi si parla di riaprire la grotta, di scavare le macerie per riportare alla luce “gli antichi fasti” di quel luogo. Le ultime indagini geognostiche effettuate nel 2000 hanno rilevato la presenza di cavità all’interno della montagna; ma non ai livelli delle Grotte di Frasassi, intendiamoci. A quanto pare sono stati stanziati dalla Regione Marche dei fondi per sistemare l’area e fare nuovi studi, e di questi studi se ne occuperà l’Università di Camerino. Ora, che ci sia una Università dietro mi rincuora molto, ma avrei preferito che le cose rimanessero come sono. Non perché mi piacciano, ma perché ogni volta si è riusciti a far dei danni. A questo punto spero che le cose vadano per il verso giusto. Ho letto in giro di tutto, e sono preoccupato: chi parla di ripristinare l’entrata ricostruendola completamente come è stata descritta nelle carte di Lippi-Boncampi (che fece un bel rilievo prima del crollo dell’entrata); chi di mettere un cancello all’entrata della grotta con un iscrizione sensazionalistica sopra; chi di potenziare il Rifugio, e fare una teleferica fino alla grotta per dar possibilità alle masse di vederla (e di far altre brutture, a mio parere). Pura fantascienza. Il fascino della Grotta della Sibilla è dovuto proprio alla sua "inaccessibilità", che ci permette non solo di sfidare noi stessi per raggiungerla, ma anche di continuare a sognare grazie ai racconti che ci sono stati tramandati nei secoli.

Ma lo scempio più clamoroso che è avvenuto sulle pendici del Monte è stata la strada. Quest’opera praticamente inutile che continua a dare i suoi grattacapi. Purtroppo la potete vedere da ogni dove, basta che si trovi a sud del Monte Sibilla e che sia abbastanza in alto; la noterete perfino dal Gran Sasso, nelle giornate particolarmente terse: l’ho verificato con i miei stessi occhi.

Come si è potuto realizzare la strada in un’area così importante del nostro territorio e non riuscire ad opporsi a tale scempio? Dobbiamo fare un salto indietro.

Tutto iniziò nel 1963. Ovviamente internet non c’era e le notizie viaggiavano lente; ciò che si voleva tenere nascosto si riusciva a farlo bene, soprattutto in queste zone. Il Parco Nazionale sarebbe nato 30 anni dopo e quindi gli unici enti che pensavano alla salvaguardia di questi territori erano le associazioni ambientaliste, in particolare il CAI e Italia Nostra.

Con la scusa di voler realizzare dei miglioramenti ai pascoli del versante sud del Monte Sibilla e renderli fruibili in modo più agevole il Consorzio di Bonifica dell’Aso, nella figura dell’ing. Paoletti, e il comune di Montemonaco, nella figura dell’allora sindaco comm. Corbelli, decisero di realizzare una strada di circa 1 km e mezzo che partisse da Collina di Montemonaco e risalisse la montagna. Ovviamente si scoprì, col passare degli anni, che questo scopo era una copertura. Quella che loro volevano realizzare (insieme ad altre figure tra cui le amministrazioni provinciali, l’allora sindaco di Ussita, on. Rinaldi e il Direttore del Consorzio di Bonifica dell’Alto Nera) era una strada che collegasse il Comune di Montemonaco con il paese di Frontignano nel comune di Ussita. Perché? Ufficialmente per favorire lo sviluppo economico delle comunità residenti, ma in diverse dichiarazioni vennero fuori le reali motivazioni: sfruttare i pascoli difficilmente accessibili di Vallelunga, realizzare un bacino di utenza più ampio per gli impianti sciistici di Frontignano, realizzare di impianti sciistici sui versanti della Sibilla e sulla Vallelunga, edificare villette in posizioni particolarmente panoramiche.

Così nel 1963 iniziarono i lavori. Prima un lotto, poi altre varianti e “migliorie”; poi un altro lotto, e un altro ancora.. quello che stava accadendo era diventato chiaro a molti. In quegli anni gli oppositori a questo sfacelo erano veramente pochi e tra questi il CAI e Italia Nostra nelle figure di Scalabroni, Calibani, Pedrotti e Pirone. Si batterono in modo estenuante, e nel 1970 il CAI di Ascoli in una lettera indirizzata al Ministero, espresse chiaramente il perché quest’opera non avesse senso: per 6 mesi all’anno sarebbe rimasta bloccata dalla neve; negli altri 6 mesi sarebbe rimasta comunque soggetta a cadute massi e detriti dall’alto; la manutenzione avrebbe avuto un costo esorbitante; sul Monte Sibilla non si può praticare lo sci per la certezza di cadute di valanghe; tra Marche e Umbria esistono già altri collegamenti; la strada non avrebbe risolto i problemi di isolamento di quei centri montani e, inoltre, avrebbe distrutto un paesaggio di straordinaria bellezza, alterando l’ecosistema esistente.

Furono mandate lettere al Ministero, all’Ispettorato Agricoltura e Foreste, al Soprintendente ai Beni Ambientali e Monumentali delle Marche, al Presidente della Provincia di Ascoli Piceno, all’Associazione per la Valorizzazione dei Monti Sibillini, alla Forestale di Ascoli Piceno, e a molti altri e intanto le ruspe continuavano i lavori. Siamo nel 1971 e la strada è arrivata in cresta, sul valico tra il Monte Sibilla e la Cima Vallelunga: manca solo il collegamento fino al Passo Cattivo.

Però la notizia era diventata, ormai, di dominio pubblico, rimbalzando continuamente su molte testate giornalistiche: sul Tempo come su Messaggero si leggevano articoli pro e contro la realizzazione della strada, dichiarazioni, minacce, accuse. Gli interpreti di questa vicenda erano a ferri corti. Una piccola vittoria degli ambientalisti si ebbe a metà del 1971, quando i lavori vennero temporaneamente sospesi. Ma questo solo secondo le carte: in realtà le ruspe continuavano a lavorare in barba a tutte le diffide del caso.

Ripresero le sollecitazioni di ambientalisti e professori universitari agli enti decisori che portarono ad un incontro tra tutte le parti in causa per raggiungere un accordo sul da farsi: era settembre del 1971. Tra le parti era presente anche l’on. Sen. Giovanni Venturi a cui si era rivolto proprio il prof. Pedrotti dell’Università di Camerino per far capire la gravità della questione. Basta leggere i verbali per capire che la riunione fu molto animata e i due schieramenti si batterono fortemente a difesa ognuno delle proprie idee. Alla fine non si arrivò ad un accordo e questo finì per giovare le associazioni ambientaliste che videro i lavori bloccati in modo definitivo. “Nel dubbio che una delle due parti in causa potesse avere ragione, nessuno se la sentì di prendere provvedimenti, decisioni, così tutto rimase come allora.” All’altezza del Rifugio Sibilla si decise alla fine di chiuderla al transito per pericoli oggettivi.

Sono passati 42 anni da allora e la strada è ancora là. Una bruttura per gli occhi, che ha deturpato in modo irrimediabile il pendio sud del Monte Sibilla estirpando quella cotica erbosa che naturalmente trattiene il terreno. E’ stancante anche da percorrere a piedi, non so, forse perché è qualcosa di “estraneo” all’ambiente circostante. Da qualche anno si è aperta una piccola frana all’altezza di uno dei suoi tornanti e altre piccole frane si aprono continuamente. Una delle motivazioni è perché questa strada si colloca esattamente su due frane di scorrimento attive, conosciute da tempo, come è possibile vedere anche sulla carta geomorfologica della Regione Marche aggiornata al 1997-2001. Queste due frane “probabilmente potrebbero costituire le evidenze più superficiali di un più ampio fenomeno di dissesto gravitativo profondo che coinvolge l’intero versante del monte, la cui esistenza appare testimoniata dalle le ampie fessurazioni e trincee di distensione che caratterizzano la lunga cresta sudoccidentale della Sibilla”.

Speravo che questi dissesti mettessero fine alla travagliata storia del luogo e che la montagna, pian piano, si riappropriasse dei suoi spazi. Ma mi sbagliavo: come la Grotta della Sibilla, anche la strada per arrivare in cima è ritornata all’attenzione pubblica. Si parla di sistemare la frana con delle opere di sostegno e a quello che ho sentito in giro sono stati già stanziati i fondi per farlo. Ma perché sistemare una strada chiusa e in disuso in cui le uniche jeep che si vedono sono quelle dei pastori? Forse c’è un ritorno alla pastorizia, una ripresa dell’attività di pascolo delle greggi su questi pendii? Niente di tutto questo, ovviamente. La ragione è una sola: si vuol riaprire la strada. Si vuole dare la possibilità a chiunque di arrivare comodamente con la propria auto in cima al Monte Sibilla e guardarsi attorno.

Ad andare a spulciare le carte si scopre che in realtà la strada non è mai stata chiusa ufficialmente. Il Piano del Parco dei Monti Sibillini prevedeva il recupero ambientale della strada ma non se né mai fatto niente, forse per mancanza di fondi. Andare ad operare in quella zona dove sono stati alterati i delicatissimi equilibri idrogeologici non è una questione così semplice. “L’unico intervento indispensabile, ma mai realizzato nel Piano del Parco, è la rinaturalizzazione dell’intero versante, favorendo la ripresa del manto vegetale erbaceo originario, grazie all’attenuazione del ruscellamento e dell’erosione canalizzata”. Ma quello che si vuole fare non sembra sia il recupero, ma il ripristino della percorribilità della strada.

Non facciamo altri danni a questo luogo magico. Credo ne abbia già avute abbastanza.





 
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